La Sostanza instabile. Recensione.
Tra bambini perduti, cinguettii di macchine e frullati di pensieri, un evento inaspettato sconvolge la vita in una Milano d'estate. E al lettore pone domande scomode, importanti e universali.
Il primo romanzo di Giulia Lombezzi, già autrice e regista teatrale, vincitrice di una borsa di studio della scuola Belleville, si presenta leggero e scorrevole. Il lettore viene delicatamente accompagnato nella storia da uno stile lieve, dal sapore vagamente surrealista, che si lascia leggere volentieri. A tratti ricorda il miglior Stefano Benni, o Daniel Pennac, specie nelle scene di sfondo.
Il Lido di piazzale Lotto, specialmente in agosto, è uno dei più sconsigliabili gironi danteschi di Milano. Una Babele madida di polvere e acciaio eretta in mezzo al mulinare incessante di automobili e bus, trafficoni e baracchini, benzinai, moto e taxi, bocche di metropolitana che sputano fuori grappoli di dannati…
Ma non bisogna lasciarsi ingannare. La sostanza instabile non è una semplice lettura d’evasione; certo, ci sono molti passi divertenti, a tratti anche comici. Eppure, l’evento che scatena l’intreccio ha tutto il sapore amaro e persistente della tragedia. Sarà proprio una sostanza instabile che porterà un coro di personaggi a incrociare le proprie vite, loro malgrado, e Giulia Lombezzi riesce a renderli vicini a noi, così umani, anzi, troppo umani, con maestria e sapienza. Se da una parte la sostanza è instabile, dall’altra a forma del romanzo è ben stabile, altroché se lo è.
Le persone non avevano più un’espressione, un modo di fare, quel tenersi su che ci appendiamo addosso quando prendiamo l’autobus, quando ci relazioniamo nei negozi, quel tenersi insieme che ci impedisce d ifare boccacce, di prenderi a pugni o sbattere la testa di qualcuno contro la fiancata di un passante ferroviario…
Non potremo fare a meno di vedere parti di noi in uno o più personaggi, così diversi: donne, uomini, adulti, adolescenti, bambini, rivoluzionari, borghesi. Ce n’è per tutto. La Milano è verosimile, e di certo scaturisce dalla vita vissuta dall’autrice nella città. D’altra parte, il romanzo in qualche modo la trascende, la Milano reale, per cogliere nel particolare il valore delle domande universali: cosa vuol dire essere un essere umano? quali sono i limiti della nostra cosiddetta civiltà? quanto poco ci vuole per perderla? e, soprattutto, se la sostanza instabile ci avesse coinvolto in prima persona, come avremmo reagito? Domande universali, che rimangono sospese, che rimangono con noi.
Non ci sono buoni e cattivi, qui. Non ci sono eventi straordinari, tutto è ordinario, eppure la realtà ci mette un attimo a diventare surrealtà, con il suo carico di assurdo, tragico e comico, dolce e amaro, le soluzioni di comodo e il coraggio di essere se stessi. La sostanza instabile è un romanzo che ti lascia un’inquietudine di fondo, quando chiudi l’ultima pagina.
La scrittura di Giulia Lombezzi è senza sbavature, la sospensione dell’incredulità è mantenuta salda dalla prima all’ultima riga, fluida, naturale. Tecnicamente impeccabile. Ed è solo l’inizio. Buona la prima! Aspettiamo i prossimi romanzi con trepidazione.
Giulia Lombezzi. La sostanza instabile. Giulio Perrone editore. 2021. 269 pp. 18 euro