You vuò fà de minderheit ma sei nato in Italy
Recensione a Diego Marani, L’uomo che voleva essere una minoranza, il suo ultimo romanzo.
La mia copia del romanzo, in una caffetteria di Maastricht, a lettura conclusa
Confesso che ho sempre avuto un rapporto di amore-odio con Diego Marani, dagli anni 1990 quando studiavo scienze della comunicazione, linguistica, e in particolare esperanto. Stavo cominciando a occuparmene seriamente per la tesi di laurea magistrale, che mi portò più fortuna di quanto allora, 1998, potessi rendermi conto.
Le mie prime due pubblicazioni scientifiche furono proprio del 1998, su Italiano & Oltre. Una di queste riguardava la novità in interlinguistica del momento, l’europanto di Diego Marani, una lingua gioco che prendeva in giro l’esperanto e i suoi rivali, omaggiata nel titolo mistilingue di questa recensione.
In uno scambio a distanza recente, purtroppo asincrono, all’Università di Parma, sulla questione delle lingue in Europa, Marani ha reiterato certe sue posizioni ferocemente antiesperantiste, più contro i sostenitori, per la verità, che contro la lingua.
Premetto questo perché, visto che l’esperanto fa parte del mio lavoro, non posso essere neutrale nel leggere le opere di Diego Marani.
L’esperanto affiora qua e là nella sua produzione letteraria, almeno da L’interprete del 2004 – cito a memoria. Ne L’uomo che voleva essere una minoranza appena uscito, che qui recensisco, gioca una parte centrale (no spoiler).
Ho sempre trovato lo stile narrativo di Marani a metà tra suggestioni triestine, dalla connotazione austro-ungarica, dunque, e oniricismi felliniani, influenzati forse dalla sua origine ferrarese? Chissà. Questo romanzo breve danza su questa corda tra le due tensioni, dove chi legge più che sentirsi preso per mano dall’autore si sente un equilibrista su un orrido tra due montagne. Ma viene istruito con levità e ironia: identificarsi con il protagonista, Rodolfo, è fuori discussione, è talmente border-line che suscita più simpatie o spesso antipatie, a seconda del momento.
Un momento della lettura
Rodolfo vuole uscire dall’essere normale, e la sua via è diventare una minoranza. Leggere il romanzo da capo a fondo su un treno da Amsterdam a Maastricht è stato un contesto perfetto. Da italiano in Olanda, che questa via la conosce bene, perché di fatto, qui, gli italiani sono, in un qualche senso, una minoranza, il divertimento nel seguire le peripezie del protagonista è assicurato. I suoi fallimenti nel raggiungere l’agognato status raggiungono vette di comicità da sole valgono la lettura – che comunque dura un paio d’ore; il libricino sta nella tasca della giacca, e si lascia leggere in viaggio al meglio, nella sua elegante edizione de La nave di Teseo.
Ma c’è di più del divertimento leggero, in un romanzo di Marani. Anche in questo suo corto, quasi fosse un film di Fellini, per così dire, le opportunità per riflettere non mancano.
Questo Rodolfo temeva, che approfittando dell’uguaglianza qualcuno travalicasse nella sua identità e gli iniettasse nella memoria ricordi non suoi.
Tutti vogliamo essere trattati con equità, e al contempo rifuggiamo l’omologazione come il peggiore dei mali: vogliamo essere speciali, unici. A meno che essere omologati non ci faccia comodo, ci dia il vantaggio del quieto vivere. Ma non può durare, ci mostra Rodolfo: a un certo punto l’uomo qualunque vuole essere notato.
Nessuno si salva dai significati, neppure coloro che non li capiscono. Perché i significati preesistono al loro essere pensati, sono anzi loro che suscitano il pensiero.
L’incontro con l’esperanto è una storia di fuga dalla provincia, rappresenta icasticamente l’inconsueto, l’inaspettato, la possibilità trasformatrice a portata di mano, se solo le si dà una chance.
L’esperantismo ritratto da Marani è realistico solo in parte, e si copre di ridicolo un po’ dappertutto. Se i cultori della lingua non si fanno prendere da irritazione eccessiva, il romanzo risulta molto godibile.
Nota finale per esperantofoni: l’esperanto del romanzo è impeccabile, salvo una formula pragmatica oggi in disuso, kiel vi sanas, come stai, attestata in certi circoli britannici degli anni 1920, un secolo fa.
Ovviamente, per il 99% dei lettori di romanzi di lingua italiana, non appartenenti alla minoranza esperanto, queste note sono marginali, e potranno godersi la trama con intelligente divertimento.